Nel cuore dell’India meridionale, esiste un tempio dedicato all’aria, allo spirito universale.
Finisco di bere il mio lassy (una bevanda dissetante a base di yogurth) e mi dirigo verso un taxi, in direzione di un tempio particolare. Non esiste sulle cartine ma per fortuna il mio simpatico omino dalla pelle olivastra e gli occhi dolci conosce il luogo e con la sua macchina bianca dice di potermi accompagnare. Il Kerala, il viaggio sognato ora è realtà. Una realtà fatta dei colori accesi delle tuniche delle donne che sinuose si muovono in una terra che avvolge come un sari, in un viaggio che diventa un esperienza da vivere attraverso tutti i sensi…
Lascio l’hotel affacciato sulle spiagge di Kovalam dove l’oceano indiano si perde fra le danze dei corvi e il loro brusco gracchiare mentre le barche dei pescatori dormono sulla riva che sembra infinita. Appena oltre il confine del resort la vita semplice, quotidiana, irrompe con la fraganza delle onde dell’oceano.. Una mucca bruca incurante di essere sotto un resort di lusso, donne avvolte nel sari incedono con passo elegante incuranti di trasportare sul loro capo ceste colme di pietre per aggiustare la strada. Il caldo e i rumori penetrano dai finestrini abbassati, i clacson sembrano non smettere mai il loro grido. Dopo circa tre ore arriviamo nei pressi di Allepy: il taxista mi indica una fiumana di gente dicendo di seguirla perché tutti si stanno recando all’Ochira Temple.
A piedi, unica turista fra uomini, donne, bambini indiani e mucche… Ci sono anche due grandissimi animali di cartapesta, mucche variopinte e addobbate che con fatica vengono trasportate verso il tempio. Eccomi ci sono, ma il tempio dov’è? Avevo letto su una guida che era un tempio della fertilità dedicato alle donne che non potevano avere figli o che desideravano averne. Quello che la guida non aveva detto era che non vi erano mura né costruzioni.
Il tempio è costituito unicamente da due grandi alberi. Un saggio, riconoscibile dal suo turbante arancione, mi si avvicina forse attratto dal mio sguardo un po’ smarrito. “Qui non ci sono mura perché è il tempio della coscienza universale, un concetto che appartiene al mondo delle idee e non della materia..” mi spiega “occorre passare oltre l’immaginazione,entrare in un’altra dimensione che porta dentro di se e oltre il cielo”.. rimango perplessa e sempre di più attratta da quel tempio che non c’è. Il tetto è il cielo e l’aria è la stessa che ha custodito la sacralità dai tempi ancora prima del Buddha e da allora attira migliaia di pellegrini e di sadhu- asceti. “ dentro di noi c’è tutto – continua la mia guida d’eccezione – sapere di essere in contatto con l’infinito ci conferisce il potere e aiuta la piena realizzazione di chi siamo in realtà”.
In un attimo di silenzio mentre osservo i due grandi alberi ( due banyan tree) messi l’uno di seguito all’altro rapita dalla sacralità del luogo una nube di corvi si solleva in volo dal secondo albero, producendo un gran frastuono di foglie e di strida lasciandomi senza respiro. Io mi sento piccola davanti al grande albero che da tempi immemorabili accoglie la moltitudine di pellegrini. Non ci sono mura e nemmeno corridoi ma si percepisce comunque la sensazione di entrare in qualcosa, di andare più nel profondo di qualcosa…forse si entra dentro se stessi e dentro l’essenza stessa della vita. Come rapita da tutta quella grande enorme concentrazione di energia vitale lascio ai piedi del grande albero una corolla di fiori e con riverenza mi allontano da quel grande tempio fatto di aria, alberi e sacralità.